13/06/11

Referendum 2011: Legittimo GODIMENTO!



Testo del discorso tenuto la mattina del 12 giugno 2011 a Fratta Polesine per la commemorazione di Giacomo Matteotti di Bobo Craxi.

Onorato della gentilissima concessione dell'autore, pubblico volentieri.

Giacomo Matteotti non fu  solo un puro eroe: è un uomo di azione e di intelletto a cui l’eroismo aggiunge solo grandezza. «Nella vita e nelle opere di Matteotti - c’è un insegnamento ancora oggi attualissimo: l’importanza della politica vissuta come fede e ideale, scienza e cultura, in diretto rapporto con la  propria intelligenza e le proprie convinzioni, senza nessuna concessione agli opportunismi, alle consuetudini, alle credenze, ai miti del tempo; la politica come dovere morale e creazione dell’uomo, la politica come volontà e azione». Non sono più i tempi tragici in cui visse, ma gli ideali di Matteotti sono ancora validi ,Essi  non hanno preso forma, peggio ancora sono finiti nelle mani di uomini e forze politiche che della nobiltà del riformismo socialista non hanno nemmeno una pallida idea ma che tuttavia fanno della coperta riformista lo scudo attraverso coprono il vuoto della inazione politica e del superficiale mantenimento del potere. Un potere senza principi, senza valore , senza Storia. Per questo la figura di Giacomo Matteotti  non rappresenta soltanto  per noi socialisti italiani la figura del “grande martire” come ebbe a definirlo Sandro Pertini, ma incarna la figura tragica un tempo del riformista inascoltato ed osteggiato in seno al Movimento operaio ed al tempo stesso il coraggioso oppositore di un totalitarismo che andava imponendosi con la forza al quale volle contrapporre una visione addirittura anticipatrice e moderna della democrazia nel solco di quella che poi si impose come una visione riformista della società. Egli oggi a distanza di anni è martire condiviso nella memoria di tutti gli italiani che con l’occasione del centocinquantesimo dell’Unità hanno ripercorso le tappe più significative della nostra Storia, e nelle pagine più tragiche e dolorose s’inscrive di diritto il delitto politico più efferato del ventennio fascista. Il delitto su cui la storiografia a lungo si è interrogata al pari dell’opinione pubblica dell’epoca. Delitto su commissione , certamente, ma delitto per le denunce contro i brogli o le violenze fasciste del 24’ o delitto per chiudere la bocca al deputato che si apprestava a denunciare uno scandalo che avrebbe lambito o colpito la monarchia. Va detto che in questa vittima del fascismo si identificò sempre nella storia solo una parte della sinistra italiana, quella socialista. Fu sprezzante il giudizio che di lui diede Antonio Gramsci pochi giorni dopo il suo funerale definendolo il “pellegrino del nulla” il difensore di una causa inutile,  ovverossia sbagliata perduta in partenza quella del riformismo che più avanti culminò con la scomunica generalizzata da parte della terza internazionale sovietica che lo definiva “social fascismo”. Fu il segretario del Partito Comunista Luigi Longo che definì la morte di Matteotti “ tanto più tragica perché segna il fallimento della sua concezione,del suo partito, del suo metodo”. La verità è che Matteotti fu  un riformista moderno che mentre il partito socialista si lacerava tra divisioni e scissioni («sempre pro o contro il coccodrillo russo» diceva Anna Kuliscioff) aveva idee chiare sulla democrazia come base della libertà, sulla forma e sui doveri del governo, sulla funzione dei partiti e dei sindacati, sul ruolo delle masse proletarie e cittadine. In un partito che parlava solo di classe, egli preferiva dire Nazione; in un partito che si riempiva la bocca solo di rivoluzione egli indicava i beni irrinunciabili della libertà e della democrazia. E’ stato indubbiamente un protagonista di un momento fondamentale della vita del nostro paese. Il Primo ventennio del Novecento che vide la crescita tumultuosa della democrazia e della partecipazione popolare e poi, nel periodo drammatico che precedette e seguì il primo conflitto mondiale, con la crisi ed il crollo delle istituzioni liberali. Fu un uomo del post-risorgimento, come ha osservato lo storico Romanato  che appartiene alla generazione dei Prezzolini dei Papini di coloro a cui importava innanzitutto il futuro e non il passato. Uomini ribelli ed inquieti. Egli proveniva da una famiglia ricca ma viveva in una provincia povera, depressa; Fu questo contrasto che lo spinse a divenire socialista, ed al tempo Socialismo era sinonimo di lotta di classe e di Rivoluzione. Fu un uomo che lottava per il proprio ideale e non contro l’avversario, “ abbattere la borghesia , scriveva è il meno, il più è costruire e preparare il socialismo dentro di noi”. Una retorica degna dell’epoca ma che tratteggia assai bene  un uomo politico d’azione che sviluppa e promuove la propria fede laica per la quale non sarebbe stata sufficiente una sola vittoria elettorale. Illuminante in questo senso è l’efficace commento con cui salutò il successo socialista nel polesine nel 1914 : “ La vittoria conseguita ci riempie di gioia, non già di per se stessa o per l’odioso e stupido senso di soddisfazione d’aver schiacciato l’avversario, bensì come strumento, come mezzo più facile ad una rinnovata propaganda tra i lavoratori che trovano nel Comune socialista la tutela contro la persecuzione padronale… Ricordiamo e pensiamo soprattutto che il socialismo non è tanto nella vittoria negativa pacifica o rivoluzionaria sopra i partiti della borghesia quanto piuttosto nella vittoria positiva sopra noi stessi, nell’educazione dei lavoratori nella capacità di decidere e di agire senza tutela alcuna nell’interesse collettivo, nella attitudine a sacrificare l’apparente e immediato interesse personale al bene sociale di tutti i compagni di lavoro..”. Fu al fianco di Prampolini e Turati e nel nascente pensiero riformista che orientò successivamente la linea futura della socialdemocrazia italiana Egli ebbe modo di definire le possibilità alternative alla Rivoluzione comunista propugnata da Gramsci definendo una piattaforma di riforma democratica dello Stato, proponendo l’allargamento della partecipazione e dei controlli,assieme all’inserimento delle masse popolari nell’esercizio del potere non per via rivoluzionaria ma nel rispetto delle regole formali e degli avversari politici. Egli pervenne ad una visione in definitiva più moderna della società italiana dell’epoca anche in seguito a travagli successivi, ma operò sul piano teorico anche affinchè il partito Socialista Unitario si inserisse in un ambito politico più vasto e sollecitò diversi collegamenti di carattere internazionale al fine di portare il problema italiano all’attenzione dell’Europa. Era un uomo moderno. Fu questo suo amore per la libertà e la fierezza del carattere che lo portava a respingere ogni sopruso, a fare di lui il primo e il più tenace avversario del fascismo di cui vaticinò da subito il carattere violento e autoritario. La sua lotta in Parlamento, nelle piazze, sui giornali e sui libri, cominciò nel ’21 e da allora subì minacce, persecuzioni, attentati che culminarono nell’aggressione subita in questo stesso giorno di 87 anni orsono e nel successivo assassinio. Matteotti assieme ai socialisti riformisti di turati avevano colto l’essenza demagogica e pericolosa della svolta autarchica che i fascisti stavano per imprimere all’economia del nostro paese,imponendo tariffe doganali autonome, non negoziate con le altri nazioni per i consumi essenziali quali lo zucchero,le carni, la frutta, il petrolio. In un discorso del 1923 constatava che il contrasto reale non fu fra il Liberalismo ed il protezionismo che il regime voleva imporre per mettersi al riparo dalle speculazioni post-belliche quanto l’immanente contrasto fra gli interessi di classe “ chi è sempre svantaggiato e danneggiato resta il lavoratore-consumatore anche se gode di apparenti vantaggi momentanei.. lavoriamo quindi-diceva-per la libertà degli scambi e sollecitiamo ardentemente con l’opera nostra la formazione degli Stati Uniti d’Europa perché essi costituiscono un anticipo del Socialismo, eliminando tante deviazioni e contrasti apparentemente nazionali ma sostanzialmente capitalistici.” Quando più tardi Mussolini sciolse la legislatura si assicurò un parlamento più addomesticabile attraverso una legge maggioritaria di fatto anti democratica. Le elezioni nel 24 si svolsero in un clima di terrore , in molte province era stata impedita la presentazione di candidati socialisti, uno di essi il tipografo Piccinini di reggio emilia era stato barbaramente trucidato. Violenze allucinanti, bande armate avevano compiuto opera di intimidazione. Matteotti fu rieletto nel collegio Padova-Rovigo e quindi rieccolo ancora alla tribuna per rivendicare la dignità di un popolo schiavizzato e conculcato nei più elementari e sacri sentimenti di umanità e civiltà. Matteotti con il discorso del 10 maggio del 1924 si vota al suo olocausto. Egli proponeva che si invalidasse in blocco l’elezione di tutti i deputati del listone fascista e di conseguenza della XXVII Legislatura. La sua magistrale requisitoria aveva suscitato i furibondi sdegni dei fanatici pretoriani del Duce che si sentivano anche personalmente accusati quali ispiratori e condottieri delle bande a delinquere fasciste. Matteotti incurante delle interruzioni, degli insulti, delle minacce che lo investivano esponeva fatti, dati, nomi. Al presidente della camera che lo invitava a parlare “prudentemente” egli ribatté con la memorabile frase “ Io chiedo di parlare non prudentemente né imprudentemente ma psrlamentarmente..” Fu, probabilmente, un sacrificio cosciente. La frase pronunciata dopo il suo discorso di denuncia dei brogli e delle violenze con cui il fascismo aveva vinto le elezioni del ’24 - «e ora preparate il mio elogio funebre» - non era semplice retorica. Da tempo Matteotti aveva maturato la convinzione che non bastava più il sacrificio di tanti militanti, che bisognava portare lo scontro più in alto, a livello dei capi, dei dirigenti, che solo sangue eccellente avrebbe potuto risolvere la partita a favore della libertà. E anche in questo Matteotti fu profeta. Il ritrovamento del suo cadavere e l’arresto dei suoi assassini portò il governo di Mussolini in una situazione di crisi dalla quale lo salvò soltanto (ancora una volta) la fellonia del monarca che addirittura gli consentì di chiudere la brutale violenza contro un uomo con una violenza ancora più grande, contro tutto il popolo italiano, privato della libertà e condotto all’asservimento fino all’inevitabile catastrofe. «Se si fosse intesa fino in fondo la lezione di Matteotti – chiudeva il suo discorso Bettino Craxi – sarebbero stati evitati allora tanti errori e tante illusioni sopravvissute fino ai giorni nostri: la rivoluzione senza rivoluzione e senza cose da rivoluzionare; il riformismo senza politica, senza principi e senza ideali, il protezionismo comunque inteso, l’interesse particolare disgiunto dall’interesse generale». I Socialisti italiani non vivono nella martirologia tuttavia il bene prezioso della memoria storica orienta ed illumina le coscienze di chi vuole costruire il futuro, abbiamo di fronte a noi gli straordinari cambiamenti del tempo in cui viviamo e la velocità che è propria delle società moderne in cui noi viviamo ci impongono di adattarsi ad esse con sguardo e pensiero sempre nuovo e sovente diverso. Tuttavia resta per noi viva , nella coscienza di tutti i sinceri democratici che le conquiste della libertà sono state possibili anche attraverso il prezzo del sacrificio, del coraggio degli uomini che sentiamo lontani e che ci appaiono però tuttavia vicini per la freschezza e la lungimiranza del loro pensiero. Attraverso la rilettura di questa Storia riscopriamo che la libertà e la democrazia sono conquiste che si ottengono ogni giorno, che i valori ed i principi istituzionali che pensiamo essere garantiti dal nuovo patto Costituzionale diventano fragili se non si erge a loro presidio il richiamo ad un dovere del loro rispetto pressoché quotidiano. E nella maturità della coscienza democratica cresce anche la coesione sociale e civile di un popolo che compie i suoi 150 anni di storia unitaria ma che resta pur sempre un popolo di una nazione giovane.  Onoriamo per questa ragione questa mattina Giacomo Matteotti, lo facciamo non per ragioni di retorica ma per il sincero amore che portiamo e continueremo a portare nei confronti dei grandi Socialisti e per i grandi italiani, lo facciamo con il sentimento che ci spinge sempre a legare il nostro passato con il nostro futuro, e la lezione della Storia della Patria rende meno aspro e meno buio il percorso che ci conduce verso l’avvenire.